Imprevisti di Natale

Beh! Correva l’anno del Signore 2021. Era il giorno di Natale. Grandi preparativi a casa mia e in tutte le case del Villaggio. 

A dire il vero io vivo un po’ discosto dal Villaggio vero e proprio su quella che familiarmente chiamo la “Unter der Linden” udinese, quel viale Leonardo da Vinci che, dal Centro Studi, porta diritto diritto all’incrocio con via Martignacco e via della Faula e, passando in leggera pendenza  davanti a San Cromazio, s’introduce nel corpaccione del nostro ordinato agglomerato popolare. 

Era quasi mezzogiorno. Decidevo di far due passi in attesa che le mie due signore – moglie e figlia – finissero di addobbarsi per l’occasione. Me ne esco godendo della bella mattinata di sole. La mia vecchia Skoda Fabia mi conduce al Circolo Operaio senza che alcun comando le impartisca. Entro dal retro. Non oso alzare le serrande per non disturbare la sacra quiete festiva di Piazzale Carnia che, nella sua aiuola centrale sotto i magnifici cedri del Libano, è affollata dalle figure del Presepio di legno. La capanna è illuminata e da mezzanotte è abitata anche dal Pargol divin. Rapida occhiata a destra e a manca. Mi infilo furtivo in Circolo. Grande è il silenzio. Non ho compiti da assolvere e tiro un sospiro di sollievo. Nel salone principale regna una bella penombra e mi sorprende l’assenza della voce dei compagni e delle compagne. È mezzogiorno. Suonano le campane a stormo. È ora di andare, di non farsi aspettare. Esco e scorgo una signora in età che si appoggia ansimante al muro. “ Oh! Dio Dio! Sto per svenire!” “Cosa ti succede Liliana” – le chiedo gentile. “Un calo improvviso di pressione. Dammi una mano”.  La prendo sotto braccio – è una mia vecchia conoscente – e piano piano ci avviamo verso via Val d’Aupa dove Liliana abita da tempo da tempo immemore. “Beh! Siamo arrivati. Auguri Liliana!” “Non lasciamoci così. Accompagnami fin sul portone di casa. Infilar le chiavi nella toppa non so e posso.” 

Detto fatto. Ci congediamo non senza aver ripetuto le formule di rito. 

Mi muovo per raggiungere l’auto. Non ho fatto ancora dieci passi che mi trovo lungo disteso – e sono bello lungo! – sull’asfalto. Gli occhiali volati via e un leggero bruciore sulla fronte. “Una cosa da niente” – mi dico e spero. Tocco ancora la fronte dopo essermi a stento rialzato. Nessuno per fortuna mi ha veduto. La ferita sanguina. Non posso presentarmi a casa in questo stato. Rientro in Circolo. Mi disinfetto con l’alcol denaturato. Applico un fazzoletto di carta sulla ferita e, montato in macchina (il flusso di imprecazioni silenziose intanto non si è esaurito). Faccio il mio ingresso a casa e mi aspetto un soccorrevole aiuto. Invece niente. Allora sbotto: “Datemi una mano!” Luciana, mia moglie mi vede, vede il mio volto insanguinato. Non riesce a trattenersi. Attacco isterico. Giustificato! In fondo è il giorno di Natale. Accorre Chiara, mia figlia. Dopo alcuni istanti di panico la realtà s’impone. Disinfezione, medicazione e infine una vistosa benda sulla fronte, mio originale addobbo natalizio. 

E dunque possiamo accingerci  – nonostante tutto – al trasferimento in casa Modesto, sede tradizionale del pranzo di Natale, dopo che per un momento avevamo intravisto il fallimento della tradizionale impresa. Tra me e me – o forse non è così – perduto ho ogni aplombe continuo a imprecare “Così impari, Roberto, a fare le solite opere buone. Neanche a Natale ti sai sottrarre dal benevolo vizio. Ben ti sta! Impara la lezione, a Natale si sta a casa, non si esce in cerca di chissà che!” Beh! Non si può dire che quello del 2021 non si stato per me un Natale originale fuori dai consueti schemi. 

E allora: Buon Natale a voi! Senza cadute. L’asfalto è ruvido. Cercatevi altre carezze, altre carezze altrove. Buon Natale 2023!

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